G L I A N N I D I G U E R R A
- CRONOLOGIA ESSENZIALE -
IL 1915
La pianificazione operata dal generale Cadorna prevedeva, già dal maggio 1915, un primo balzo offensivo con operazioni di livello diverso per i vari fronti.
Nel settore orientale, Isonzo e Carso, un attacco principale doveva raggiungere, come risultato, il superamento della linea dell'Isonzo mirando al raggiungimento della linea della Sava. Sul fronte dolomitico e nella zona del Cadore si dovevano portare solamente degli attacchi di disturbo.
Sul fronte Carnico era stato fissato, come obiettivo principale, la costituzione di una testa di ponte avanzata che avrebbe successivamente facilitato la penetrazione verso la Carinzia. Negli altri fronti, invece, le forze italiane dovevano tenersi sulla difensiva o, con azioni mirate, impegnare lo schieramento nemico per guadagnare terreno sufficiente al consolidamento della linea del fronte così da mantenere le posizioni nelle condizioni migliori qualora si fossero verificati tentativi di sfondamento da parte delle truppe nemiche.
In questo primo anno di belligeranza anche i soldati del nostro comune, presenti nei vari fronti, iniziarono a pagare il tributo di sangue a quella guerra che, inaspettatamente, si rivelò ben più lunga e drammatica delle previsioni iniziali.
I fronti, nel 1915, dove trovarono la morte i soldati del nostro comune furono:
IL 1916
Il 1916, sul fronte isontino si aprì con l'offensiva costituita dalla quinta Battaglia dell'Isonzo, che costrinse gli austro ungarici ad intraprendere, a metà maggio, una massiccia controffensiva che iniziò dal Trentino per alleggerire la sempre più importante pressione sul fronte dell'Isonzo dove gli austriaci erano in forte difficoltà.
Durante quella che, dal nostro esercito, fu chiamata la Battaglia degli Altipiani, lo schieramento austro ungarico mirava a spezzare le nostre difese nel settore dell'Altopiano
di Asiago per poi scendere verso la pianura veneta ed aggirare le divisioni italiane impegnate sul fronte isontino. Ma la dura e strenua resistenza dei nostri soldati riuscì a bloccare l'attacco e recuperare parte del terreno perduto durante la prima fase della battaglia. L'offensiva nemica, sottolineando la presunta volontà da parte dell'Austria di punire l'Italia per il cambio di alleanza del 1915, divenne nota, nel nostro Paese, con il termine di Strafexpedition (spedizione punitiva).
Il Generale Cadorna, appena stabilizzato il fronte degli Altipiani, sferrò una nuova spallata sul fronte isontino agli inizi di agosto. Nel corso della sesta battaglia dell'Isonzo (Battaglia di Gorizia) il nostro esercito riuscì a travolgere la linea austro ungarica, conquistando il Sabotino, il Podgora e infine, l'otto agosto, anche Gorizia.
Le truppe austro ungariche arretrarono in una nuova linea difensiva più a est e disposta sulle vette del Monte Santo di Gorizia, del monte San Gabriele e del monte Ermada.
Contro questa nuova linea, tra settembre e novembre, si scatenarono la settima, l'ottava e la nona Battaglia dell'Isonzo con risultati ben inferiori alle aspettative e al prezzo di pesanti perdite umane.
Nel frattempo il corpo di spedizione inviato in Albania per coprire la ritirata dell'esercito serbo travolto dalle forze degli imperi centrali, aveva raggiunto il suo obiettivo e si stava organizzando per il rientro in patria.
Quattro furono i fronti dove, durante il 1916, persero la vita alcuni dei ragazzi del nostro comune:
IL 1917
Il 1917, terzo anno di guerra, iniziò con una relativa immobilità dei vari fronti soprattutto su quelli alpini, dove, le numerose valanghe cadute sui reparti di entrambi gli schieramenti, furono la causa principale delle perdite umane.
Solo agli inizi di maggio si riaccesero gli scontri concentrati soprattutto sul fronte isontino dove si succedettero altre due violente battaglie interrotte dalla drammatica Battaglia dell'Ortigara che, dal 10 al 25 giugno, insanguinò l'Altopiano di Asiago. Le due Battaglie sull'Isonzo non sortirono i risultati sperati dal Comando Supremo Militare Italiano ma ebbero, invece, la funzione di richiamare l'attenzione dell'Impero Germanico, alleato degli austro ungarici, sulla sempre minor tenuta del loro esercito sul fronte italiano.
Grazie all'alleggerimento della pressione sul fronte russo i tedeschi, quindi, decisero di spostare alcune divisioni e rischierarle in soccorso degli alleati austriaci proprio sul fronte isontino.
Varie cause, anche fortuite, aumentarono gli effetti dell'offensiva austro tedesca del 24 ottobre obbligando l'esercito italiano ad una ritirata che causò perdite ingentissime e fece giungere la nazione ad un passo dalla disfatta totale.
La tenacia delle truppe italiane e l'accorciamento del fronte permisero, con la Battaglia d'arresto, di arginare l'invasione e di fermare il nemico sulla linea Grappa - Piave. Successivi rischieramenti saldarono il fronte che risultò un'unica linea dagli Altipiani fino alle foci del Piave.
I corpi di spedizione all'estero, soprattutto in Macedonia, si contraddistinsero per capacità militari ed organizzative lasciando, tuttavia, sul campo moltissime vite umane falcidiate da condizioni di vita terribili e malattie endemiche di quelle regioni.
L'anno si concluse con una rinsaldata vigoria del nostro esercito in patria anche sostenuto da aiuti militari e da una nuova visione della strategia militare e una decisa cooperazione tra la politica, l'opinione pubblica e i comandi militari.
I soldati del nostro comune furono, come sempre, impegnati sullo scenario bellico e alcuni di loro perirono sui seguenti fronti:
L' ISONZO con il suo collasso e l'arretramento;
IL 1918
Il 1918 fu l'anno della riscossa.
Il fronte rinsaldato e accorciato permise una distribuzione migliore e più organizzata delle forze disponibili che, grazie ad un rinnovato fervore patriottico, stavano crescendo sotto lo sforzo dell'intera Nazione. I primi mesi dell'anno passarono nell'attesa della stagione estiva ovviamente più adatta all'organizzazione delle grandi offensive.
E proprio a giugno, a cavallo del solstizio d'estate, gli austro-tedeschi mossero una nuova grande offensiva.
L'azione, nei loro intenti, li avrebbe portati all'invasione della pianura trevigiana, al saccheggio delle scorte alimentari e alla sconfitta dell'esercito italiano.
In realtà, e a ragion veduta, quanto successe a Caporetto non insegnò molto ai comandi militari austro tedeschi che, complici anche alcune gelosie nell'ambito dei comandi austro ungheresi, anziché concentrare l'urto bellico in un solo punto preferirono dividere l'azione in due fronti interessando la linea degli Altipiani, con le truppe di Conrad, e quello sul Piave, fino al mare, con le divisioni di Borojevic.
Diversamente dagli austriaci, quanto accaduto a Caporetto, era servito da dura lezione al Comando Militare Italiano e, questa volta, fu in grado di comprendere in anticipo quanto stava per accadere. La possibilità di continue ricognizioni aeree, l'infiltrazione di esploratori in territorio nemico, che per le comunicazioni ricorsero anche all'uso dei piccioni viaggiatori, e la fattiva collaborazione dei civili italiani rimasti nei territori occupati, permisero la migliore organizzazione delle difese.
Tra il 15 e il 23 di giugno l'offensiva austro tedesca si scatenò lungo le due linee del fronte ma, tolta la formazione di due teste di ponte nella zona del Montello e una nei pressi di San Donà, non riuscì ad avere ragione della tenace difesa delle nostre truppe che riuscirono a ricacciare le truppe nemiche. La chiarissima vittoria difensiva innalzò il morale dei nostri soldati dando, contemporaneamente, un durissimo colpo a quello degli avversari.
Da settembre prese finalmente corpo il progetto di una grande controffensiva italiana. Negli ambienti politici e anche in quelli militari c'era, tuttavia, una certa divergenza di vedute soprattutto in merito al periodo scelto per le operazioni belliche. Lo stesso Diaz, posto al comando supremo dopo la rimozione di Cadorna, propendeva per la primavera del 1919 mentre molti politici, Sonnino in primis, pensavano di condurla già ad ottobre anche se la brutta stagione era già alle porte.
La situazione precipitò con il collasso del fronte Macedone. I Bulgari, alleati degli austro-tedeschi chiesero l'armistizio e fu chiara l'impressione che anche gli Imperi Centrali erano sul punto di chiedere l'armistizio. Per la nostra politica sarebbe stata una disfatta. C'era assolutamente la necessità di farsi trovare, al momento della resa, in una posizione militare di predominio e, in ultima analisi, fu questa la logica con la quale, il 23 ottobre del 1918 le nostre truppe scatenarono la Terza Battaglia del Piave, nota soprattutto come "Battaglia di Vittorio Veneto", che in poco più di dieci giorni annientò le ormai vacillanti difese austriache ricacciando gli invasori e ponendo fine al lungo e sanguinoso conflitto.
Anche in questo ultimo anno di guerra il nostro comune ebbe a contare i propri caduti come Gagliazzo Giovanni che cadde a gennaio del 1918 e tutti gli altri che perirono sostanzialmente nei due fronti principali e in una delle nostre missioni all'estero: