1915 Fronte Carnico - La Guerra all'orizzonte

QUINTO DI TREVISO  - 1915 / 1918
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1915 - IL FRONTE CARNICO

Nel novembre del 1914 il generale Clemente Lequio di Assaba, già Ispettore delle Truppe da Montagna, fu nominato comandante della zona Carnia.
Si deve a lui la costituzione del fronte nel settore Nord Orientale che andava, partendo dal Monte Peralba, a congiungersi, presso Sella Nevea, con il settore  Nord Occidentale del fronte Isontino.
In particolare, nella zona dell'alta Val del But, il torrente che dal Passo Pramòsio scende verso Tolmezzo per congiungersi con il Tagliamento, il generale Lequio ordinò la dislocazione di una serie di posizioni molto avanzate, e quindi immediatamente a ridosso del confine, che poteva dare una maggiore consistenza al presidio ed alla difesa del settore di Timau  e dei passi alpini dai quali poter condurre la sperata azione offensiva verso la valle austriaca del Gail da Mauthen fino a Klagenfurt.

   
RESTI DELLE FORTIFICAZIONI SULL'AVOSTANIS

Queste posizioni erano dislocate, da Ovest verso Est, presso Passo Monte Croce Carnico, Pal Piccolo, Pizzo Avostanis, Passo di Pramòsio, Passo Cason di Lanza e Monte Cullàr (ormai nei pressi di Pontebba).
In questo settore furono inizialmente schierati i battaglioni alpini "Dronero", "Tolmezzo", "Val Tagliamento", "Saluzzo" e "Borgo San Dalmazzo", quest'ultimo dislocato nella zona Timau - Avostanis.
Il battaglione "Borgo San Dalmazzo" e il battaglione "Dronero" incorporavano le batterie di alcuni gruppi del 2° Reggimento di Artigieria da montagna.

VEDETTE ITALIANE SUL PAL PICCOLO

BARACCAMENTI ITALIANI SULLE ALPI CARNICHE

Il 24 maggio 1915, come ben noto, iniziarono le ostilità.
Già dal 28 maggio e fino al 16 giugno si succedettero vari combattimenti nella linea Pal Piccolo, Pal Grande e Freikofel.
Alla fine di questo periodo, durante il quale le posizioni furono ripetutamente perse e riprese con continui attacchi e contrattacchi, la situazione, sostanzialmente, non era mutata.
Il Pal Piccolo era caduto in mano Austriaca ma il Freikofel, il Pal Grande e Pizzo Avostanis erano ancora ben controllati dalle nostre truppe e rappresentavano una spina nel fianco degli Austriaci .
In particolare Pizzo Avostanis con i suoi 2200 metri che si ergono
in corrispondenza della testata della valle dell'Anger, da dove si diramavano le teleferiche e i sentieri per i rifornimenti austriaci ai Pal e al Freikofel,  costituiva per gli italiani una posizione di primordine. In effetti, data la sua collocazione geografica, era considerato un vero baluardo per la difesa del Passo Pramosio e della zona circostante. Per tali ragioni le nostre posizioni furono sottoposte ad intensi bombardamenti con migliaia di proiettili e i verdi pascoli del versante italiano erano, ormai, un paesaggio brullo e devastato da innumerevoli crateri.

LA ZONA TEATRO DEI FATTI BELLICI DEL 5 LUGLIO 1915.
A DESTRA: LA CRETA DI PIZZO AVOSTANIS CON IL SOTTOSTANTE LAGHETTO DOVE FU ALLESTITO IL CIMITERO DI GUERRA

Il Comando del 7° Corpo d'Armata Austriaco, agli ordini del generale Rohr, decise di sferrare un attacco nella zona Avostanis-Cuestalta in modo da aggirare le forti posizioni Italiane sulla spalla orientale di Passo Monte Croce Carnico che, fino a quel momento, avevano sistematicamente respinto ogni tentativo austriaco di penetrazione in alta Val But.

La 57a Brigata di Montagna, agli ordini del generale Henneberg, scatenò l'attacco alle ore 6 del 5 luglio. Pizzo Avostanis, presidiato da due plotoni della 99a compagnia del Battaglione alpino Borgo San Dalmazzo, fu investito da due ore di fuoco d'artiglieria. Poi iniziò l'attacco alle nostre postazioni.

I nostri soldati, nonostante le perdite causate dall'artiglieria nemica, riuscirono a mantenere la coesione e la loro reazione, supportata dal tempestivo intervento di volontari giunti dalla retrostante 15a batteria di artiglieria da montagna del Gruppo Conegliano, costrinse gli avversari alla ritirata. Gli attacchi austriaci si ripeterono insistenti fino al tardo pomeriggio. Senza risultato.

Alla fine della giornata gli austriaci lasciarono sul terreno quasi 300 uomini. I nostri caduti furono 26 assieme ad una novantina di feriti.

Tra i 26 morti c'era anche Antonio Marangon che così risulterà essere il primo caduto del nostro comune. Nella 15a batteria era arruolato anche un altro quintino, Vittorio Scaboro che rimase sul fronte carnico fino agli inizi del 1917 quando, dopo un grave infortunio occorsogli durante il posizionamento di un cannone, fu costretto ad un lungo ricovero durante il quale, le complicanze di una malattia conseguente l'infortunio, lo condussero alla morte l'8 ottobre del 1917.
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