IL FRONTE MACEDONE
IL CORPO DI SPEDIZIONE RUSSO NEL PORTO DI SALONICCO - 1916
Dopo il disastroso esito dello sbarco anglo-francese a Gallipoli, gli Alleati chiesero all'Italia di intervenire nell'area balcanica, per un'offensiva congiunta contro la Bulgaria, alleata della Germania. Così nel 1916, dopo alcuni tentennamenti, fu inviato un corpo di spedizione in Macedonia composto da due brigate di fanteria, con il supporto di artiglieria, di uno squadrone di Cavalleggeri, di battaglioni delle cinque specialità del genio militare per un totale complessivo di più di 40 mila uomini oltre a diverse squadriglie di biplani da ricognizione armata. Il comando della spedizione fu affidato al generale Carlo Petitti di Roreto.
Le truppe partirono dal porto di Taranto nell'agosto 1916 con destinazione Salonicco già meta dei corpi di spedizione francesi, inglesi, russi e parte dell'esercito serbo che aveva ricevuto aiuto dalle nostre truppe nella zona di Valona.
Giunti a Salonicco, il comando dell'Intesa affidò loro l'incarico di difendere il settore di Kruscia-Balcan, ad est del lago Doiran costituito da una linea di circa 50 chilometri, molto esposta agli attacchi dei bulgari.
Una delle azioni più importanti, condotte dal nostro corpo di spedizione, riguardò la presa della città di Monastir
Il principale attacco doveva essere portato contro la città e sulla linea tra l'ansa della Cerna e il Vardar. Lo schieramento del nostro esercito era costituito dal 63° e 64° Reggimento della Brigata Cagliari, da una compagnia di mitraglieri da due batterie da montagna e da uno squadrone di cavalleria.
FANTI DELLA BRIGATA CAGLIARI A SALONICCO
Questo distaccamento, con una marcia di 200 km sotto la pioggia e in terreno in gran parte inondato, si portò sull'obiettivo dove giunse il 19 novembre. La zona, aspramente montagnosa, elevata dai 1000 ai 2000 metri, tenacemente difesa dal nemico bene appostato, presentava difficolta tattiche e logistiche particolarmente gravi, accresciute da una violenta e persistente bufera di neve. Superata la prima resistenza nemica il 19 stesso, l'ala destra della Brigata Cagliari, dopo aspro combattimento, occupò il Dente di Velusina; l'ala sinistra si impadronì della quota 1182: in tal modo il nemico fu privato delle posizioni dominanti la pianura della Cena e l'avanzata su Monastir divenne più facile. Vinta la difesa nemica ad oriente di Monastir per opera di una colonna del 63° Reggimento fanteria, la sera del 19 le truppe italiane, entravano nella capitale macedone.
LETTERA AL FRONTE MACEDONE - 1917 (Soldato Francese)
Le nostre truppe furono sottoposte a duri disagi. Due delle tre brigate che formavano il corpo di spedizione dovevano rimanere in prima linea per due mesi continui mentre la terza passava, quello che doveva essere il turno di riposo, lavorando alla costruzione della seconda linea in territorio comunque battuto dall'artiglieria nemica.
La difficoltà di rifornimenti e la mancanza di risorse locali obbligarono spesse volte ed anche per lunghi periodi, a ridurre la razione quotidiana di viveri. Per lo stesso motivo non era possibile far affluire materiali di costruzione in quantità tale da poter erigere baraccamenti e ricoveri comodi per le truppe poste a riposo. Così, in qualunque stagione e con tutti i climi i nostri soldati dovettero rimanere attendati o riparate in misere baracche fatte di pietra e di fango. Oltre ai disagi materiali s'aggiunsero anche quelli psicologici quali l'assoluta precarietà del servizio postale che veniva effettuato lungo una strada impervia di cinquecento chilometri spesso interrotta da frane e valanghe e l'impossibilità di godere regolarmente di licenze.
In quella regione, brulla e disabitata, i nostri soldati erano completamente isolati.
Alle perdite subite nelle azioni belliche si aggiunsero, forse ancora più ingenti, quelle causate da malattie epidemiche molto diffuse in Macedonia quali malaria, dissenteria amebica, tifo.
Dall'inizio dell'autunno e per i quattro mesi successivi, giungevano a Salonicco moltissimi ammalati provenienti dal fronte e più della metà di questi doveva essere rimpatriata.
Le nostre truppe vissero in queste condizioni per quasi due anni senza, tuttavia, perdere combattività ed efficienza anche quando, riconosciuta l'ostilità dell'area, il Comando Supremo serbo consigliò al nostro Comando di abbandonare il fronte. Esso fu invece saldamente tenuto e difeso contro tutti i tentativi avversari dai nostri soldati.
Le perdite del nostro contingente in Macedonia, alla fine dei due anni di operazioni, ammontarono a quasi 3 mila morti e a circa 6 mila feriti e, a riprova delle aspre condizioni di vita sopportate dalle nostre truppe e da quelle degli altri contingenti alleati, più di 80 mila uomini furono complessivamente ricoverati negli ospedali di Salonicco.
La mortalità era così alta che fu necessaria la costruzione di due cimiteri militari, Mikra e Zeitenlik riuniti, dopo la guerra, in un unico Cimitero Militare Internazionale.
Tra quanti si ammalarono durante quel periodo c'era anche il nostro Francesco Scaboro, morto nel 1917 e sepolto nel settore Italiano del Cimitero Militare Internazionale.
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