8 aprile 1916
Ieri fu il trionfo della mia squadriglia; abbiamo abbattuto due velivoli nemici dopo tanti mesi di voli continui e di combattimenti poco fortunati.
Fin dalle 4 della notte eravamo in piedi poiché fra le nubi e sopra di noi si udivano rumori di velivoli austriaci: in tutte le direzioni, in alto, verso Palmanova, verso Trigesimo, verso Casarsa sparavano e nella notte brillavano i lampi degli shrapnels e i fasci dei riflettori.
Alle prime luci, prima delle 5, avanti il sorgere del sole, siamo tutti partiti in volo e ci siamo poi dispersi nel cielo verso i 2000 metri; e giravo in tutte le direzioni scrutando l'orizzonte; e ho veduto di lassù il sole uscir dietro i monti ed uno spettacolo di luci meraviglioso. Dopo mezz'ora sparavano verso Palmanova; un aeroplano passava, altissimo, lontano, puntando a Gorizia; un altro più indietro veniva dal Tagliamento pure su Gorizia, velocissimo: erano austriaci.
Ho stimato di poter attaccare quest'ultimo ed ho virato verso il Torre per tagliargli la strada. L'ho incrociato che era ancora 600 metri sopra di me ed allora ho cominciato la caccia: montavo il piccolo " Nieuport " 170 km. Vedevo sopra di me le grandi ali dell' "Aviatik " con le croci nere, filava velocissimo e poco guadagnavo su di lui; quando salivo troppo mi avanzava in velocità. Accostandomi ho cominciato una manovra difficilissima per coprirmi dai suoi colpi; vedevo i1 mitragliere affacciarsi da una parte ed io viravo dall'altra e viceversa: questo giuoco è durato qualche minuto finché gli sono arrivato 50 metri dietro la coda e sotto verso i 3000 metri d'altezza.
Allora in un attimo ho cabrato forte l'apparecchio, ho puntato e sono partiti 45 colpi di mitragliatrice. E' stato un istante: il nemico si é piegato pesantemente ed è precipitato quasi a picco ed io dietro giù urlando dalla gioia.
Eravamo già quasi sull'Isonzo, se lo sbagliavo andava di là. L'ho seguito per un po' nella discesa, poi l'ho perduto, poi l'ho visto dopo qualche tempo in un prato vicino a Medea, mentre una folla di persone accorreva da ogni parte. Sono sceso là presso e mi son visto precipitarmi addosso una massa di soldati e di ufficiali che gridavano: " Viva l'Italia! " e mi hanno preso, baciato, portato in trionfo sull'apparecchio nemico. Ma la più grande commozione l'ho provata quando mi son veduto in mezzo ai soldati del 112° reggimento del povero Enea.
L' " Aviatik " abbattuto era giunto a terra non guasto: è bellissimo, grande, con un motore di 200 cavalli, una buona mitragliatrice austriaca a nastri di 125 colpi l'uno e una pistola Mauser. Avevano gettato, pare, sette bombe sulla ferrovia e stazioni al di là del Tagliamento E' uno degli ultimi apparecchi, nuovi, perfezionati, da ricognizione e da combattimento di gran velocità, 145 km. all'ora. La fusoliera era forata dalle pallottole in diversi punti. Il pilota, un cadetto viennese di 24 anni, ferito leggermente alla testa è salvo per miracolo perché ben otto palle lo hanno sfiorato; l'osservatore, un primo tenente, è invece ferito gravemente da tre palle e forse non se la caverà. L'apparecchio era tutto intriso di sangue coagulato al posto dell'osservatore e dava una triste impressione della guerra.
Ho parlato a lungo col pilota austriaco, stringendogli la mano e facendogli coraggio poiché era molto avvilito ; veniva dal fronte russo dove aveva guadagnato la croce di guerra e medaglia al valore che portava sulla sua uniforme azzurra. Non aveva potuto salvarsi dalla mia caccia e mi esprimeva la sua ammirazione con le poche parole di italiano che sapeva. Aveva dovuto scendere avendogli forato in varie parti i serbatoi della benzina e mentre l'osservatore ferito e caduto dietro la mitragliatrice gridava pel dolore. Avendo bene atterrato con l'apparecchio intatto non aveva potuto bruciarlo causa la presenza del passeggero ferito.
Una folla di soldati ed ufficiali era accorsa da ogni parte, tanto che hanno dovuto far sgombrare con la cavalleria e sparando fucilate in aria, poiché là era terreno battuto dai cannoni austriaci a lunga portata e potevano vederci, nonostante la nebbia. Molti generali e colonnelli sono venuti a congratularsi con me e a vedere l'apparecchio.
La squadriglia oggi è raggiante; nessun austriaco è più comparso nel cielo; abbiamo qui le spoglie del nemico.
Ti scriverò poi altri particolari, ma temo già di aver scritto troppo, perciò non farai leggere questa lettera che ai parenti e a pochissimi amici.
Quella che precede è la lettera che Francesco Baracca scrisse ai familiari all'indomani della sua prima vittoria in combattimento aereo.
L'emozione traspare evidente e giustificata soprattutto perché, oltre al successo personale, quello del 7 aprile fu anche il primo abbattimento, omologato, di un aereo nemico ad opera di un pilota italiano. Lo stesso giorno, durante la stessa azione, e solo pochi minuti dopo, anche un altro velivolo austriaco cadde sotto il fuoco di Luigi Olivari in collaborazione con Guido Tacchini e Domenico Bolognesi; tutti piloti appartenenti alla stessa squadriglia di Francesco Baracca.
Il mese di aprile del 1916 segnò, quindi, il primo successo ufficiale del nostro "Corpo Aeronautico" divenuto autonomo solo da tre anni. Prima di questa data, tuttavia, almeno altri due aerei nemici furono abbattuti o, almeno, costretti a precipitosi atterraggi di fortuna dopo aver subìto gli attacchi dei nostri piloti.
Il 2 aprile 1916, al ritorno da una missione, Luigi Olivari attaccò un velivolo austriaco che cadde, in fiamme, oltre l'Isonzo in territorio nemico.
Lo stesso giorno ai comandi del suo Nieuport N.10 biposto il sergente maggiore Giuseppe Barattini assieme all'osservatore Aroldo Moretto, costrinsero all'atterragio un ricognitore nemico. Purtroppo, in entrambi i casi gli abbattimenti non furono omologati per l'impossibilità di recuperare adeguata documentazione.
Note a margine...
Durante le ricerche riguardanti il primo abbattimento di un aereo nemico ad opera del Tenente Francesco Baracca il 7 aprile 1916, abbiamo rinvenuto due immagini che hanno attirato la nostra attenzione. L'immagine di sinistra, eseguita dal Cap. Paolo Senni probabilmente nei pressi di Medeuzza, ci ha creato qualche perplessità quando l'abbiamo confrontata con un'altra fotografia che riprende lo stesso aereo probabilmente sullo stesso campo di volo.
La parte anteriore del biplano fotografato a sinistra appare più affusolata apparendo mancante tutta la parte superiore del motore che, invece, è presente sulla fotografia a destra.
Un'altra anomalia, più evidente sull'immagine di destra, si riferisce agli impennaggi verticali (deriva e timone) che sono completamente diversi da quelli che dovrebbero essere montati sul Brandenburg C.I. La stessa geometria, anche se occultata dai sacchi gettati sul velivolo per mimetizzarlo alla ricognizione nemica, sembra evidente anche sulla foto di sinistra. Quel tipo di impennaggi era montato sul B.I.
Inoltre, ma quest'ultimo aspetto è probabilmente legato a possibili danni causati dall'atterraggio forzato, si notano diverse inclinazioni dei montanti alari. Sulla foto di sinistra, quelli sulla parte destra dell'ala superiore, sono in posizione quasi perpendicolare a quella sottostante, tipica del Brandenburg B.I, mentre quelli che s'intravvedono nella parte sinistra risultano inclinati come dovrebbero essere in un C.I.. Nella foto di destra, invece, l'inclinazione appare corretta. Comunque, in entrambe le fotografie, sembra che i montanti non si congiungano all'ala inferiore e questo potrebbe essere il motivo delle diverse posizioni.
Entrambe le fotografie, comunque, furono eseguite in un contesto bellico e, quasi sicuramente, soggette a controlli di censura volti al mantenimento della segretezza sui fatti che accadevano al fronte e nelle immediate retrovie. Far sapere, magari involontariamente, al nemico della cattura di un modello intatto di un recentissimo velivolo (il Brandenburg C.I fece la sua prima comparsa sul fronte Italo-Austriaco nella primavera del 1916 e, quindi, pochi giorni prima del 7 aprile 1916) poteva significare una perdita del vantaggio che si poteva ottenere studiando dettagliatamente l'arma nemica. In effetti, le ultime frasi della lettera che Francesco Baracca inviò a suo padre sembrano orientate in questo senso. Infine, la Medaglia d'Argento al Valor Militare conferita ad un ancora poco conosciuto tenente di cavalleria potrebbe trovare ulteriore ragione proprio nell'importanza della cattura del velivolo nemico. Anche il riferimento ad un "Aviatik" rientra nello stesso contesto oltre al fatto che, data la recentissima entrata in linea del Brandenburg C.I, forse anche i nostri piloti ne ignoravano l'esatta denominazione ma alcuni aspetti tecnici, potenza del motore ed armamento, non lasciano dubbi. Inoltre, forse per dare un'idea abbastanza chiara del tipo di velivolo abbattuto, Francesco Baracca potrebbe averlo descritto come un Aviatik in quanto, questo, era un velivolo riconoscibile e riconosciuto anche dai civili in ragione dei manifesti esplicativi divulgati dalle prefetture delle città italiane.
AVIATIK B.I
HANSA-BRANDENBURG B.I
HANSA-BRANDENBURG C.I
(impennaggi verticali - deriva e timone - simili al B.I)
come da fotografie dell'epoca
HANSA-BRANDENBURG C.I
Impennaggi verticali - deriva e timone - versione nota
Ritaglio della parte di fusoliera recante il numero di matricola del Brandenburg
costretto all'atterraggio in territorio italiano da Francesco Baracca a Medeuzza il 7 aprile 1916
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