Solstizio - La Guerra all'orizzonte

QUINTO DI TREVISO  - 1915 / 1918
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LA  BATTAGLIA  DEL  SOLSTIZIO - Seconda  Battaglia  del  Piave
Quella che fu l'ultima grande offensiva lanciata sul nostro fronte dagli austro ungarici e dai tedeschi, si spense davanti alla valorosa resistenza dei soldati italiani.
Gli austriaci, a causa delle loro gravi difficoltà di approvvigionamento, volevano raggiungere la pianura padana, sino al Po, e soprattutto, in un momento di grave difficoltà interna dell'Impero per il protrarsi della guerra, intendevano dare al conflitto una svolta decisiva, che permettesse un completo sfondamento d​el nostro fronte, come era già avvenuto a Caporetto.
Nel 1918 pianificarono una massiccia offensiva da sferrare all'inizio dell'estate, in giugno.
Il nostro Stato Maggiore, grazie all'appena costituita rete di intelligence e al contributo delle informazioni acquisite da agenti operanti tra le linee nemiche, avevano un quadro abbastanza preciso dei piani del nemico, tanto che nella zona del Monte Grappa e dell'Altopiano dei Sette Comuni i colpi di cannone delle artiglierie italiane anticiparono l'attacco degli austriaci, lasciandoli disorientati.
Nella notte tra il 14 e il 15 giugno, per quasi cinque ore le nostre artiglierie spararono decine di migliaia di proiettili di grosso calibro, tanto che gli alpini che salivano a piedi sul Monte Grappa videro l'intero fronte illuminato a giorno sino al mare Adriatico.
Ai primi contrattacchi italiani sul Monte Grappa, molti soldati austriaci abbandonarono i fucili e scapparono.

LA LINEA DEL FRONTE PRIMA DELLA BATTAGLIA


LO SPOSTAMENTO DEL FRONTE.
LINEA DI MASSIMA PENETRAZIONE DELLE TRUPPE AUSTRO UNGARICHE
PRIMA DEL CONTRATTACCO ITALIANO
Intanto, la mattina del 15 giugno, i reparti austriaci dislocati a ridosso del Piave, provenienti da Pieve di Soligo e Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa dando avvio ad una battaglia nella battaglia.
Il loro violento assalto continuò riuscendo a superare il Montello per giungere perfino a Bavaria. Qui furono fermati dalla possente controffensiva italiana, supportata dall'artiglieria francese. Altre truppe francesi erano stazionate nella vicina Arcade, pronte ad intervenire, in caso di bisogno.
La nostra Aeronautica mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentarne l'avanzata.
Il 19 giugno, in una di queste azioni il Maggiore Francesco Baracca, celeberrimo pilota della Regia Aeronautica, dopo essersi alzato in volo per la terza missione consecutiva, decollando dall'aeroporto di San Bernardino nel territorio di Quinto, fu abbattuto sul Montello, nei pressi di Nervesa. Il suo corpo fu recuperato al termine della Battaglia e trasportato all'aeroporto di San Bernardino per ricevere, il 27 giugno, l'estremo saluto con il funerale celebrato nella chiesa di Quinto alla presenza di autorità civili e militari. Il feretro rimase nel cimitero di San Cassiano fino al giorno dopo quando fu traslato nella sua natia Lugo di Romagna.
La Regia Aeronautica impiegò anche i bombardieri contribuendo in modo determinante all'esito della battaglia bersagliando dall'alto le postazioni nemiche e le passerelle gettate sul Piave dagli austriaci.
I danni causati da queste incursioni causarono il rallentamento nelle forniture di armi e viveri costringendo gli austriaci alla difensiva lasciando sempre più manovra al nostro Esercito che, dopo una settimana di combattimenti costrinse il nemico alla ritirata oltre il Piave.
Centinaia di soldati austro ungarici morirono affogati di notte, nel tentativo di riattraversare il fiume in piena.
Nelle ore successive alla ritirata austriaca, il re Vittorio Emanuele III visitò Nervesa liberata ma completamente distrutta dai colpi di artiglieria.
COSTRUZIONE DI UN PONTE DI BARCHE SUL PIAVE
UN BOMBARDIERE CAPRONI CA.3 DELLA REGIA AERONAUTICA
Durante la Battaglia del Solstizio gli Austriaci spararono 200 mila granate lacrimogene ed asfissianti i cui effetti furono fortunatamente ridotti per l'impiego, da parte dei nostri fanti, delle nuove maschere antigas fornite dagli inglesi. Dal fronte austriaco, quasi seimila cannoni spararono raggiugendo San Biagio di Callalta e Lancenigo. Diversi proiettili da 750 chilogrammi di peso, sparati da un cannone installato a Gorgo al Monticano, arrivarono fino a 30 chilometri di distanza, colpendo anche Treviso.
Al di qua del Piave, i contadini portavano secchi d'acqua ai nostri artiglieri per raffreddare le bocche da fuoco dei cannoni, che martellavano incessantemente le avanguardie del nemico e le passerelle poste sul fiume per traghettare materiali e truppe.

EFFETTI DI UNA BOMBARDAMENTO DI
ARTIGLIERIA CON GROSSI CALIBRI
ARTIGLIERIA ITALIANA MONTATA SU PONTONE NEI PRESSI DI CAPOSILE
ALLAGAMENTI SUL BASSO PIAVE
Nel frattempo, i militari del Genio, alla foce del fiume, avevano allagato il territorio di Caposile, per impedire agli austriaci ogni tentativo di avanzata. Dal fiume Sile i cannoni di grosso calibro della Marina Italiana, caricati su chiatte, che si spostavano in continuazione per non essere individuati, tenevano occupato il nemico da San Donà di Piave a Cavazuccherina (oggi Jesolo).
Il punto di massima avanzata degli austriaci, convinti di arrivare presto a Treviso, fu a Fagarè, sulla provinciale Oderzo-Treviso. Qui, le violente incursioni dei reparti di Arditi, forti della fama che li accompagnava, ricacciarono gli austriaci sulla riva del Piave da cui erano venuti.  
La testa di ponte di Fagarè sulla direttiva Ponte di Piave-Treviso fu l'ultimo lembo sulla destra del Piave a ritornare in mano italiana. La tentata offensiva austriaca si tramutò quindi in una pesantissima disfatta.
A sottolineare il risultato fu anche la Relazione Ufficiale Austriaca che conclude in questo modo:
"La grande battaglia nel Veneto, iniziata dall'esercito austroungarico con le sue ultime forze, ma anche con la decisa volontà di vittoria, era finita con un insuccesso molto simile ad una autentica sconfitta."
L'ESULTANZA DEL XII REPARTO D'ASSALTO
DOPO L'ESITO DELL'INCURSIONE A FOSSALTA
E non solo; il ritrovato morale dell'intero Esercito Italiano forgiato sul campo della strenua difesa getta i prodromi di quella che, con la successiva Battaglia di Vittorio Veneto, sarà la completa e vittoriosa riscossa di intere classi di Italiani che, all'indomani della disfatta di Caporetto, furono tacciati da più parti (alte sfere militari, sindacati e partiti di sinistra) di codardia ed inettitudine.
"Tutti Eroi! O il Piave o tutti accoppati": questa frase, scritta sul muro di una casa diroccata nei pressi di Fagarè (e tutt'ora conservata e visibile al lato dello stesso Sacrario), testimonia, meglio di ogni altra parola, il clima di ritrovato orgoglio.
Orgoglio e vittoria, tuttavia, pretesero il loro pesantissimo tributo: quasi 60 mila tra caduti e dispersi e circa 30 mila feriti furono le nostre perdite. Gli austro ungarici contarono più 37 mila morti e dispersi e circa 81 mila feriti.
Tra i caduti italiani ci furono anche tre nostri soldati. Luigi Carraro e Giuseppe Rachello trovarono la morte negli scontri presso Fagarè e Carlo Durigon durante la battaglia del Montello a Nervesa.
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