LA BATTAGLIA DI PIELUNGO
Nei giorni successivi a Caporetto, in un primo tentativo di arginare l’avanzata delle armate imperiali, il Regio Esercito si dispose lungo la linea del Tagliamento. Lo schieramento era costituito dalle truppe che, ricevuto l'ordine di ripiegare sul Piave, stavano scendendo verso sud dopo aver lasciato le loro precedenti postazioni in Carnia a difesa delle valli Aupa, Fella, Dogna e Raccolana.
Le divisioni scendevano verso valle, lungo strade ingombre di civili in fuga, attraverso paesi nei quali bruciavano i depositi militari abbandonati, sotto la pioggia scrosciante di quei giorni autunnali.
Il 30 di ottobre due divisioni italiane erano schierate sulla destra del Tagliamento. Una, dislocata nel settore fra Preone e la depressione di Mena, con il comando insediato nel Castello Ceconi di Pielungo. L'altra si trovava, nel tratto più a sud, fino a Peonis, con comando ad Alesso.
CASTELLO G. CECONI A PIELUNGO - OGGI
Da quel momento si aprì una fase di attesa, per mancanza di ordini, che si rivelerà decisiva per il loro destino.
Finalmente, ripristinate temporaneamente le comunicazioni giungono, ai comandi delle due divisioni, gli ordini tanto attesi.
Le truppe dovevano puntare verso sud, in direzione di Clauzetto, raggiungere la pianura all’altezza di Travesio, precedere il nemico o sbaragliarlo e quindi prendere la via verso il Piave. Purtroppo, era stato perso del tempo prezioso.
Quella mattina del 5 novembre, Pielungo era presidiata da pochi uomini di milizia territoriale, lungo la strada stavano transitando due batterie pesanti campali e la colonna del 36° gruppo di artiglieria da campagna. Improvvisamente, circa alle 8 del mattino, un intenso fuoco di mitragliatrici iniziò a colpire la piazza del paese e la colonna di artiglieria in movimento. A sparare da est era una compagnia della Deutsche Jager Division, un’unità dell’esercito germanico particolarmente agguerrita.
La sorpresa sugli artiglieri e sulle poche truppe presenti a Pielungo fu totale. Dopo una eroica resistenza gli italiani dovettero ritirarsi verso il Castello Ceconi lasciando la piazza in mano ai tedeschi. La notizia che i tedeschi avevano preso Pielungo arrivò subito ai comandi di divisione. La situazione era chiara: o si liberava il passaggio o l’itinerario verso la pianura sarebbe stato precluso.
I tedeschi, intanto, si erano appostati sulla piazza del paese, fra le mura del cimitero e perfino sul campanile.
L'azione di snidamento, che appariva da subito pericolosa se non proibitiva, venne affidata agli alpini del "Gemona" e del "Monte Canin".
Il battaglione "Monte Canin" lanciò le due compagnie, 97a e 154a, lungo lo scosceso versante sotto il cimitero, mentre le compagnie 69a e 70a del "Gemona" attaccarono sul pendio a est della piazza.
Solo verso le 13, con uno sforzo che si può immaginare solo prendendo visione dei luoghi, gli alpini costrinsero i tedeschi alla ritirata.
Le operazioni di ripiegamento delle nostre truppe ripresero come stabilito ma l'incalzare di altri reparti tedeschi e austro ungarici costrinsero i comandi a deviare più volte dal percorso trasformando il ripiegamento in un'odissea con un esito fatale per le nostre truppe ormai stremate e a corto di armamenti. Molti si arresero e molti caddero. Nella prima battaglia di Pielungo il nostro Carlo Ricci rimase gravemente ferito ed, esamine, fu catturato dal nemico.
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