11 FEBBRAIO 1917 - BATTAGLIA AEREA NEL CIELO DI UDINE
Nel 1917 il corpo aeronautico aveva già raggiunto importanza e notorietà anche in ragione del quasi sempre ampio scenario nel quale, o dal quale, si potevano osservare, a volte con ammirazione, a volte con terrore, le evoluzioni degli aviatori. Molti sono i resoconti dei giornali dell'epoca raccontati con l'enfasi del periodo storico e dell'inevitabile funzione di propaganda.
Tra gli scontri e i duelli aerei che balzarono all'attenzione della cronaca, non passa sicuramente inosservato quello verificatosi l'11 febbraio del 1917 nel cielo di Udine.
La città friulana, già dal maggio 1915, era la sede del Comando Supremo Italiano e, attorno ad essa, erano stati allestiti alcuni campi di volo che, oltre alle azioni belliche e di ricognizione lungo il fronte, dov'erano schierate la I e la II Armata, garantivano anche la protezione alla città dai bombardamenti aerei nemici.
L'11 febbraio, dopo un paio di settimane di tempo cupo e nebbioso, il sole fece finalmente ritorno sul cielo domenicale invogliando la popolazione udinese ad uscire per godersi la bella giornata.
Anche il Re Vittorio Emanuele III si trovava a Udine, ospite del Generale Luigi Cadorna presso il Comando Supremo.
Verso mezzogiorno e mezzo furono avvistati due velivoli austriaci che puntavano verso la città con probabile obiettivo la stazione ferroviaria e, forse, il comando stesso. In realtà i due aeroplani erano dei ricognitori nemici sprovvisti di bombe che avevano l'incarico di effettuare rilievi sulle retrovie del fronte.
Logicamente questo aspetto non poteva essere noto agli avvistatori italiani che allertarono immediatamente i campi di volo attorno a Udine.
Da Santa Caterina di Pasian di Prato, piccolo aeroporto adibito a funzione di appoggio a quello più grande di Campoformido, decollarono alcuni Nieuport della 70a Squadriglia caccia. Alla guida di tre nuovi Nieuport Ni. 17, da pochissimo in dotazione alla squadriglia, decollarono Francesco Baracca, Fulco Ruffo di Calabria e Giulio Olivi seguiti, su tre Nieuport Ni. 11, da Anselmo Caselli, Antonio Pagliari e Goffredo Gorini.
Santa Caterina di Pasian di Prato (Udine) - 1916
Linea di volo composta da Nieuport Ni.11.
In seconda fila è il Ni.1641 del Ten. Francesco Baracca (secondo da sinistra)
Santa Caterina di Pasian di Prato (Udine) - gennaio / febbraio 1917
Linea di volo mista composta da due Nieuport Ni.17
(in primo piano quello del serg. Giulio Olivi)
e da due Nieuport Ni.11
Quasi contemporaneamente, da Campoformido, presero il volo due Farman della 33a Squadriglia ai comandi dei quali c'erano Pier Carlo Taglioni, e Oreste Poletti che raccontò di aver assistito al duello aereo in una lettera pubblicata sul giornale "La Lanterna pinerolese" del 24 febbraio 1917.
Il campo di volo di Campoformido (1916-1917)
con una linea di volo composta da quattro Farman
Un Farman MF.11 Shorthorn o 1914
pronto per il decollo da un campo di volo nei pressi di Udne
Non ci sono notizie certe circa il comportamento dei due biplani austriaci ma, sta di fatto, che, da questo momento, le cronache ci raccontano solamente l'azione condotta dall'Hansa Brandenburg C.I nr. 27.74 della Fliegerkompanie (Flik) 35 pilotato dal caporale Ludwig Fleck con, a bordo, l'osservatore e mitragliere sotto tenente Wilhelm Siemienski. È logico supporre che, l'altro velivolo, abbia rapidamente invertito la rotta per sottrarsi alla caccia italiana.
In un campo di volo austriaco
pilota ed osservatore consultano
le mappe prima del decollo su un Brandenburg C.I.
Un Hansa Brandenburg C.I appartenente ad una squadriglia
(Fliegerkompanie - "Flik") della Kaiserliche und Königliche Luftfahrtruppen.
Nel frattempo, a Udine e nei dintorni, la gente osservava i nostri caccia avvicinarsi al velivolo austriaco che, pur se in evidente svantaggio, non si diede alla fuga ma sembrò accettare l'impari duello aereo.
Così, il giorno dopo, Francesco Baracca scrisse al padre:
"Il nemico con gran coraggio accettava combattimento, forse sicuro di respingerci tutti. Un Nieuport lo attaccò primo, ma lo vidi precipitare in vite e sparire nel vuoto, tanto lo credetti colpito..."
Il Nieuport in questione era quello pilotato da Anselmo Caselli che, colpito al serbatoio, fu costretto ad abbandonare la battaglia e, dopo una vertiginosa picchiata, planare sano e salvo su Santa Caterina.
Continua Baracca:
"Lo assalii secondo e mi accorsi subito che avevo a che fare con uno dei migliori piloti austriaci, ma ero certo che non sarebbe tornato a casa. Incominciò una lotta a brevissima distanza con virages stretti, rovesciamenti d’ala, tanto che non potevo fagli che scariche di pochi colpi, ma egli pure doveva puntare assai male perché non mi ha colpito."
In realtà, come confermato dallo stesso Siemienski, il pilota non era certo un veterano anzi, in quell'occasione, stava eseguendo il suo primo volo ai comandi in solitaria.
Ancora dalla lettera di Francesco Baracca al padre:
"Dopo alcuni minuti giungevano due altri Nieuport; essi pure non potevano fare che scariche brevissime per la grande velocità e agilità dell'aeroplano nemico."
Infine, tutti i Nieuport ruotavano con manovre acrobatiche attorno al Brandenburg che si difendeva con entrambe le mitragliatrici e con evoluzioni evasive altrettanto acrobatiche. Baracca, Ruffo, Poli e Gorini assestavano le pallottole sul nemico mentre Pagliari, con l'arma inceppata, continuava a pressare il Brandenburg con pericolosi passaggi ravvicinati che mettevano a repentaglio il suo velivolo oltre a disturbare i colleghi intenti nell'azione.
Alla fine, dopo circa mezz'ora di battaglia, l'inevitabile epilogo:
"Rinunciai allora ad assalirlo in coda e puntai diritto sul fianco mentre egli era inclinatissimo e riuscendo infine a sparare una trentina di colpi andandogli quasi addosso a meno di 20 metri e passandogli sopra con un forte colpo di timone. Anche gli altri facevano fuoco. Il nemico colpito incominciò la discesa precipitosa ed atterrò verso Remanzacco urtando un albero e rovinando le ali."
Il Brandenburg cadde nei prati vicino ad Orzano, ad un paio di chilometri da Remanzacco e a meno di cinque chilometri dal centro di Udine.
Baracca, Ruffo e Gorini atterrarono, poco dopo, nei pressi dell'aereo austriaco abbattuto dove, ben presto, si accalcò una gran folla di militari e di civili giunti da Udine da dove, col fiato sospeso, avevano assistito al duello aereo come fosse stato uno spettacolo pirotecnico.
Soldati e ufficiali italiani accorsi attorno al relitto del Brandenbug.
Qualcuno guarda in aria per seguire il volo dei caccia italiani
che si apprestano ad atterrare.
(© Archivio Paolo Senni)
Presso il relitto del Brandenburg C.I sono appena atterrati anche
alcuni nostri piloti ancora in tenuta di volo.
Fulco Ruffo di Calabria, a sinistra, seguito, da Goffredo Gorini.
(© Archivio Paolo Senni)
Questo aspetto di spettacolarità è accennato anche in un altro passaggio della lettera di Baracca:
"Immagina quale spettacolo hanno veduto da terra tutta Udine e decine di migliaia di persone… Gli aviatori nemici erano stati già portati via: l’osservatore è un tenente di cavalleria polacco, di nobile famiglia. L’apparecchio era tutto chiazzato di sangue."
Il giorno dopo, giunto appositamente in visita al campo di volo di santa Caterina, il Re Vittorio Emanuele III volle congratularsi personalmente con i piloti protagonisti del duello aereo e per la brillante azione intrapresa a difesa del territorio italiano.
Tutti i piloti della 70a Squadriglia caccia, proporzionalmente al ruolo svolto nella battaglia, furono decorati con medaglie al Valor Militare:
Francesco Baracca e Antonio Pagliari con la Medaglia d'Argento;
Anselmo Caselli, Goffredo Gorini, Giulio Poli e Fulco Ruffo di Calabria con la Medaglia di Bronzo.
Nonostante le ferite, anche gravi, sia il pilota Ludwig Fleck che l'osservatore e mitragliere Wilhelm Siemienski sopravvissero anche se per entrambi seguirono mesi di cure e convalescenza.
Durante le ricerche non siamo riusciti a recuperare informazioni sul coraggioso Ludwig Fleck che diede battaglia serrata ai piloti italiani e che, nonostante le ferite, riuscì a prendere terra salvando se stesso e il suo osservatore.
Di quest'ultimo, invece, abbiamo rinvenuto maggiori informazioni, forse in ragione delle sue origini aristocratiche o, molto più probabilmente, dal momento che Baracca e Ruffo mostrarono particolare attenzione e rispetto all'ufficiale nemico tanto da prodigarsi affinché potessero giungere notizie del ferito ai suoi familiari e continuando a fargli ripetutamente visita in ospedale fino al suo rimpatrio, come invalido di guerra, che avvenne nell'estate dello stesso anno, grazie ad un accordo di scambio di prigionieri promosso dalla Croce Rossa.