LA GUERRA DEI FORTI:
I FORTI ITALIANI
F O R T E V E R E N A
Il forte fu costruito, fra il 1912 e il 1914, sulla sommità del Monte Verena. L'opera corazzata, assieme ai forti Corbin e Campolongo, faceva parte dello sbarramento Agno - Assa - Asiago e simboleggiava una delle più moderne e importanti realizzazioni dell'ingegneria militare italiana. Definito come "Dominatore dell’Altopiano", era temuto dagli austriaci. Dall'alto dei duemila metri del monte dove fu costruito e la sua collocazione geografica gli consentivano di dominare la testata della Val d'Assa e buona parte degli altipiani di Asiago, Vezzena e Lavarone.
Purtroppo, a tanta arditezza della dislocazione non corrispose un altrettanto adeguata tecnica costruttiva. Diversamente da quella usata dagli austriaci che, poco prima dello scoppio della guerra, provvidero a rinforzare i loro forti con nuove gettate di calcestruzzo armato con putrelle di ferro, per forte Verena fu usato un conglomerato di cemento integrato con pietrame e terriccio. I materiali usati per la costruzione dell'opera fortificata permisero il raggiungimento degli spessori previsti dal progetto ma, successivamente, dimostrarono tutto il limite di resistenza meccanica ai proiettili dei grossi calibri austro-ungarici.
Forte Verena era stato armato con quattro cannoni da 149 mm inseriti in altrettante cupole girevoli e corazzate con acciaio spesso 180 mm.
Come per altri forti italiani fu necessario commissionare alla celebre acciaieria francese Schneider-Creusot la produzione di un cannone montato su affusto a deformazione con caratteristiche balistiche simili al già collaudato 149-A prodotto in Italia solo su affusto rigido. Il nuovo affusto permetteva di ridurre notevolmente la corsa di rinculo così da poter installare il cannone nelle cupole corazzate.
Disponeva di due mitragliatrici in postazione blindata inoltre, sia ad est che a ovest del forte erano state allestite due postazioni per altrettante batterie di cannoni da 75 mm. Quella ad est, chiamata "Verenetta" era munita di una casermetta con alcune gallerie mentre l'altra, chiamata "Rossapoan" era un semplice spiazzo delimitato da un muro di contenimento.
All'inizio del conflitto, infine, furono piazzate nella zona circostante, ed esattamente alla Spelonca della Neve, nel Bosco Arzari e alla Costa del Civello, tre batterie con due obici da 280 mm. ciascuna.
Da Forte Verena, alle quattro del 24 maggio 1915, fu sparato il primo colpo di cannone contro le fortificazioni nemiche.
Nei giorni successivi le batterie del forte riuscirono ad infliggere pesanti danni ai forti avversari di Busa Verle e, soprattutto, di Campo Luserna il cui comandante, fortemente provato dopo tre giorni di bombardamenti incessanti, tentò di arrendersi il 28 maggio issando la bandiera bianca ma altre truppe austriache, inviate dai comandi dei forti limitrofi, intervennero facendo ammainare la bandiera della resa, destituirono il comandante del forte Luserna e ne ripresero il controllo.
Tale predominanza dell'artiglieria italiana convinse gli austro-ungarici a schierare nei pressi di Costalta di Luserna uno dei grossi mortai entrati da poco in servizio dell'esercito imperiale.
Il 12 giugno 1915 un colpo di granata sparato con il mortaio Skoda da 305 mm. posizionato nei pressi di Luserna, riuscì a penetrare il parapetto antistante la batteria del Verena e, dopo aver oltrepassato il muro di fondo del locale sottostante la cupola n. 3, esplose all'interno del locale stesso causando la morte di più di 40 artiglieri compreso il capitano Carlo Trucchetti, comandante della fortezza.
Nei giorni successivi furono distrutte due cupole, bloccata una terza, distrutte le casematte, le caserme e l'infermeria. Si decise, quindi, di porre allo scoperto i cannoni, e di utilizzare il forte solamente come osservatorio.
La guarnigione rimasta fu riorganizzata e, sfruttando la residua efficienza dell’artiglieria, continuò a bersagliare le linee nemiche nel vano tentativo di individuare e colpire il grosso obice austriaco.
Le tragiche conseguenze del bombardamento indussero il Comando della I Armata a nominare un'apposita Commissione d'inchiesta per definire le cause e le eventuali responsabilità del disastro.
L'indagine, conclusa a luglio del 1915, oltre a rilevare il mancato rispetto delle direttive e delle norme previste per la costruzione con la conseguente debolezza strutturale della parte inferiore della massicciata frontale e l'uso di calcestruzzo di scarsa qualità, dovette, comunque, sottolineare nelle sue conclusioni che "l'opera in discussione e le altre contemporanee furono costruite prima dell'adozione delle nuove bocche da fuoco di grosso calibro e che la loro resistenza fu proporzionata alle migliori bocche da fuoco di medio calibro allora in uso: ed alla prova dei fatti se essa ha dovuto cedere di fronte all'azione del 305 austriaco che fin dalla sua creazione destò fra noi grandi preoccupazioni facendo ritenere compromessa seriamente la resistenza delle nostre migliori opere di difesa, ha resistito validamente invece e senza danni apprezzabili ai tiri ripetuti del 152 che, nella categoria del medio calibro, è fra le migliori bocche da fuoco."
Sulla scorta di queste considerazioni il Comando Supremo italiano diramò l'ordine che stabiliva il disarmo dei forti situati nel campo di tiro dei nuovi mortai austriaci.
Il 22 maggio 1916, durante l'Offensiva di Primavera o Frühjahrsoffensive, il forte, pesantemente danneggiato e disarmato, fu occupato dagli austro-ungarici i quali vi rimasero fino alla conclusione del conflitto.
Il successivo inevitabile degrado della struttura è stato arrestato grazie ai lavori, coordinati dal progetto "Ecomuseo Grande Guerra delle Prealpi vicentine", che da qualche anno stanno interessando l'intero altopiano di Asiago.