GIACOMO CAMILLO DE CARLO
Giacomo Camillo De Carlo nacque a Venezia il 6 aprile 1892.
Si arruolò volontario nel 1912 nei reparti di cavalleria e fu congedato, nel 1913, con il grado di sottotenente. Nel gennaio del 1915 fu richiamato per mobilitazione e inviato nel 18° Reggimento di artiglieria da campagna.
Allo scoppio della guerra, fu inviato al fronte il primo giugno del 1915. A dicembre dello stesso anno fu promosso al grado di tenente. Nel marzo del 1916 chiese ed ottenne il trasferimento al Battaglione Scuola Aviatori dove conseguì il brevetto di osservatore.
Fu subito assegnato alla 25a Squadriglia aeroplani Voisin dove, in poco più di un anno, fu decorato con due Medaglie d'Argento al Valor Militare per gli efficaci servizi informativi resi con audaci imprese nel cielo del Carso. De Carlo, il 16 febbraio del 1917, a bordo di un velivolo pilotato da Mario Fucini, meritò una Medaglia di Bronzo al Valor Militare per una missione che fu portata a termine riuscendo, inoltre, a riportare l'aereo nelle linee italiane nonostante fosse in fiamme e attaccato da due velivoli nemici ai quali avevano opposto una tenace resistenza.
Dall'agosto del 1917 prestò servizio presso il Comando dell'Aeronautica della 3a Armata e, dopo gli eventi di Caporetto, passò alla 23a squadriglia.
Il 25 aprile 1918 l'Ufficio Informazioni della 3a Armata gli propose di svolgere una pericolosa missione di spionaggio, oltre il Piave, nel territorio veneto occupato dal nemico.
De Carlo accettò volontariamente l'incarico che lo avrebbe portato a vivere per più di due mesi una vita da leggenda avvalendosi della perfetta conoscenza dei luoghi, del dialetto veneto e del tedesco.
Nella notte del 31 maggio 1918, dal campo di volo di Marcon, una dozzina di chilometri a Sud di Treviso, il tenente Camillo De Carlo e il soldato Giovanni Bottecchia, anche lui volontario, salirono a bordo di un Voisin pilotato dal capitano Umberto Gelmetti per raggiungere la loro destinazione ed iniziare la missione di spionaggio. L'aereo, per l'occasione, era stato modificato con l'aggiunta di un apposito silenziatore per ridurre il rumore del motore.
Dopo una pericolosa trasvolata notturna, oltre il Piave sulle linee nemiche, l'aereo giunse a Praterie Forcate, località stabilita per l'atterraggio, situata un paio di chilometri a Sud del campo di volo di Aviano. Quella notte, però, c'era molta attività di volo presso il vicino campo. Parecchi velivoli nemici decollavano per le loro missioni di bombardamento verso Treviso. Quello che poteva sembrare un ostacolo insormontabile fu trasformato in un vantaggio. Infatti, approfittando dell'attività degli aerei nemici, Gelmetti, su proposta di De Carlo, compì un rischioso atterraggio ai bordi estremi della pista. Il rumore dei velivoli austriaci che s'alzavano in volo coprì quello del Voisin, che riuscì ad atterrare, scaricare De Carlo e Bottecchia e ripartire, ancora non visto, per rientrare a Marcon indenne.
I due attraversarono campi e fossi camminando tutta la notte per giungere, al mattino del giorno dopo, a Budoia dopo aver tolto le divise militari ed essersi travestiti con abiti contadineschi.
La notte seguente ripresero il cammino in direzione Sud Ovest lasciando Polcenigo alla loro destra e proseguendo poi, tra il fiume Livenza e i contrafforti del Cansiglio fino a Sarone. Dopo una breve sosta proseguirono spediti verso Caneva dove giunsero alle prime luci dell'alba.
Passarono per Minelle e Cappella dove incontrarono gli zii di Bottecchia. Dopo una breve sosta proseguirono il cammino arrivando infine, a giorno fatto, a Fregona.
Trovato un nascondiglio sicuro, De Carlo e Bottecchia, iniziarono la loro missione ottenendo il prezioso appoggio di vecchi, donne e bambini che raccoglievano informazioni per riferirle ai due agenti segreti i quali le inviavano al nostro Comando tramite piccioni viaggiatori che, arrotolati sulle zampette, recavano un foglietto con le inestimabili informazioni per l'Ufficio "I" di Abano.
In altre occasioni stendevano delle lenzuola, con una sorta di codice precedentemente convenuto, per essere individuato dai nostri aviatori della ricognizione.
Di fondamentale importanza furono i "colombigrammi", ricchi di informazioni dettagliate sui movimenti e sulla consistenza dei reparti nemici, inviati poco prima dell'inizio dell'offensiva austriaca del 15 giugno e che diedero modo al nostro comando di approntare una strategia difensiva che, di fatto, permise al nostro esercito di fermare gli attacchi nemici e di capovolgere, infine, le sorti della battaglia il cui esito vittorioso segnò il punto di svolta dell'andamento generale del conflitto contro l'Austria - Ungheria.
Purtroppo, alcuni piccioni furono intercettati dal nemico e, ben presto, i nostri due soldati si resero conto che la missione era compromessa e, a luglio, inviarono il segnale convenuto per essere recuperati:
"Il lupo è stanco di camminare."
Da quel momento le cose non andaron più per il verso giusto.
Per essere riportati a casa dovevano recarsi sullo stesso posto dove erano atterrati all'inizio della missione ed attendere un aereo che, nottetempo, sarebbe giunto per recuperarli.
Il primo tentativo fallì perché l'aereo non giunse all'appuntamento.
Provarono, allora, ad attraversare il Piave nei pressi di Vidor ma la corrente del fiume in piena li costrinse a rinunciare.
Poco dopo, ad un posto di blocco a Tarzo, furono fermati dagli austriaci. de Carlo fu lasciato passare mentre Bottecchia fu arrestato e accusato di spionaggio perché nelle sue tasche trovarono un colombigramma.
Bottecchia, nonostante le sevizie subite, mantenne il totale segreto riguardo allo scopo della sua missione.
Tradotto nelle carceri austriache, vi rimase fino alla fine del conflitto.
Per la sua condotta fu decorato con la Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Rimasto solo, De Carlo, richiese nuovamente di essere prelevato con l'aereo ma, per le avverse condizioni metereologiche, anche questo tentativo fallì.
Ammalatosi rimase, dolorante e delirante, rintanato nel bosco finché fu trovato da uno dei suoi informatori che lo portò a Fregona dove fu curato dal medico ed accudito, di nascosto, presso la casa di Maria De Luca che, già da diverso tempo, stava aiutando De Carlo nello svolgimento della missione.
Riprese le forze e, consapevole che nessun aereo sarebbe più arrivato a recuperarlo, decise di intraprendere il viaggio di ritorno dirigendosi, questa volta, verso Caorle.
Il viaggio, in territorio occupato, si presentava carico di insidie e di difficoltà. Ad aiutarlo c'era un lasciapassare "Verkerschein" procuratogli dal maestro di Fregona e valido per due persone, un travestimento da maestro con una fascia al braccio che indicava la sua professione, "Lehrer", e il sergente Italo Maggi da Como evaso da un campo di prigionia austriaco e incontrato qualche giorno prima. Maggi era un ottimo nuotatore e vogatore perché prima della guerra svolgeva la professione di barcaiolo sul lago di Como.
Come guida aveva Angelino, uno dei figli di Maria De Luca, che conosceva bene il percorso verso Caorle e che gli era stato affidato da Maria affinché, De Carlo, lo portasse con sé in salvo in territorio libero.
Giunti a Caorle, con l'aiuto del parroco e del sindaco, si procurarono una barca a remi con la quale, nottetempo, raggiunsero, dopo alcune ore il litorale tra Cortellazzo e Cavazuccherina (oggi Jesolo) finalmente in territorio libero.
Era il 13 agosto 1918. Il 30 agosto a Giacomo Camillo De Carlo, con Motu Proprio del Re, fu conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare per l'opera svolta in territorio nemico.
Rientrato nei reparti di cavalleria rimase in prima linea e, volontario, comandò un reparto del Reggimento Lancieri di Firenze che furono tra i primi ad entrare a Serravalle e Vittorio Veneto il 30 ottobre del 1918. Per questa azione fu decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare.
Al termine del conflitto fece parte, nel 1919, della Delegazione italiana per la pace a Parigi. Nel 1937 si arruolò nel Corpo Truppe Volontarie e partecipò alla guerra civile spagnola dove, per le sue azioni, fu decorato con una Medaglia d'Argento al Valor Militare. Durante la Seconda guerra mondiale, con il grado di tenente colonnello, svolse incarichi in Patria e all'estero.
Morì a Vittorio Veneto il 29 marzo 1968.
ONORIFICENZE
Medaglia d'Oro: "In un momento grave e decisivo per le sorti d'Italia, offrivasi per primo, con sublime ardimento, per farsi trasportare, di nottetempo, in aeroplano al di là del Piave, per iscoprire direttamente quanto il nemico macchinasse su quel lembo di Patria strappatoci e accuratamente celato agli altri ordinari mezzi di informazione. Per quasi tre mesi, sostenuto dal vigile affetto delle popolazioni, ma sospettato e ricercato dalla polizia nemica, riusciva, vivendo vita di leggenda, a mandare preziose informazioni e ad organizzare un efficace servizio. Falliti i tentativi di ritorno per via aerea, scelse quella del mare, rientrando per riferire di persona e per offrirsi nuovamente al rischioso cimento. Fulgido esempio di valore e di audacia, rinnovava imprese che già nei tempi tristi della straniera tirannide, avevano fatto tremare gli oppressori ed aperto la via alla redenzione. - Fronte del Piave, giugno - agosto 1918."
Medaglia d'Argento: "Durante una ricognizione, fatto segno al vivo fuoco dell'artiglieria nemica, ebbe da una scheggia shrapnel seriamente colpito il motore in una parte vitale (radiatore), ad oltre 25 km. dalle nostre linee. Quantunque attaccato da un apparecchio nemico da caccia, fatto segno al violento fuoco degli antiaerei ed alle raffiche di mitragliatrice, riportate anche delle gravi scottature alle mani per aver tentato di impedire la fuoriuscita dell'acqua dal radiatore, conscio del pericolo a cui andava incontro, mercé la sua calma e il suo ardimento condusse a termine ugualmente la ricognizione iniziata. Cessato completamento il funzionamento del motore, riuscì a stento, e sempre sotto il fuoco avversario che colpì ripetutamente il suo apparecchio, a far ritorno alle nostre linee. - Altipiano Carsico, 14 agosto 1916."
Medaglia d'Argento: "Ufficiale osservatore di grande valore, già provato in numerosi scontri aerei, si offerse, sempre volontario, all'imprese più ardite, compiendo lunghi voli sul nemico con profondo ed illuminato sentimento del dovere. Il 25 giugno 1917, sotto le raffiche aggiustate degli antiaerei avversari, portava a termine un importante mandato fotografico, benché il velivolo fosse crivellato di colpo e l'elica, già gravemente danneggiata, poco dopo si staccasse intera dall'apparecchio. Esempio di salde virtù militari. - Cielo Carsico, maggio 1916, agosto 1917 ".
Medaglia d'Argento: "Volontario in Spagna e addetto al servizio informazioni, incurante di fatiche e pericoli, si prodigava in modo encomiabile. Volava per trenta ore nel cielo nemico senza scorta per osservare e fotografare gli apprestamenti avversari. Posto fuori combattimento il comandante di una colonna di più battaglioni, ne assumeva il comando, la portava all'attacco e alla conquista di forti posizioni nemiche ed entrava poi in Malaga alla testa delle prime pattuglie. - Malaga - Trijueque, gennaio - febbraio, 1937".
Medaglia di Bronzo: "Osservatore dall'aeroplano, quantunque l'apparecchio fosse colpito dalle artiglierie, attaccato e colpito da un apparecchio nemico da caccia, completò egualmente la ricognizione fotografica: attaccato da un secondo apparecchio da caccia e colpito il serbatoio della benzina, nonostante un principio d'incendio, con grave pericolo, decise col pilota di lasciare il motore in pieno, riuscendo così ad atterrare nei pressi di Monfalcone coll'apparecchio in fiamme. - Cielo Carsico, 16 febbraio 1917."
Per la stesura di questa pagina ci siamo riferiti al libro autobiografico "La Spia Volante" di Giacomo Camillo De Carlo - Edito da Brentano's - New York 1919
Desideriamo ringraziare la "Library of Congress" per la fattiva collaborazione.
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