Lazzaro Agostino Nato a Quinto di Treviso il 29 maggio 1893. Figlio di Luigi e Fedato (Fedalto ?) Maria. Contadino. |
Allo scoppio del conflitto era già in forza al 55° Reggimento Fanteria (Brigata Marche) arruolato il 26 agosto 1914.
Inviato in teritorio in stato di guerra il 24 maggio 1915.
Trasferito al 56° Reggimento Fanteria (Brigata Marche) il 29 febbraio 1916.
Partito per la spedizione in Albania e imbarcatosi a Taranto il 10 marzo 1916 e giunto a Valona il giorno successivo.
Rientrato in Italia e sbarcato a Taranto il 19 giugno 1916.
Inviato in territorio di guerra il giorno dopo.
Ferito durante il combattimento di Oppacchiasella il 17 settembre 1916.
Rientrato al proprio reparto dopo le cure e la convalescenza.
Inviato in licenza illimitata il 18 aprile 1919 e congedato il 15 settembre dello stesso anno.
Dal diario di Guerra della Brigata Marche (55° e 56° Reggimento Fanteria)
"E così ritroviamo i fanti della brigata Marche a combattere valorosamente su quell’Isonzo che avevano lasciato dopo i sanguinosi attacchi della 4a Battaglia. Dal 4 all’8 agosto alcune compagnie, insieme ad altre truppe della 14a divisione partecipano a violenti attacchi contro le posizioni nemiche di q. 121 e 85 di Monfalcone.
Il 9 agosto la brigata, sostituita in linea da altre truppe, si porta a Crauglio e il 13 a Polazzo, passando alla dipendenza della 19a divisione; ma il suo riposo non è lungo, poiché già il 17 dello stesso mese risale le balze del Carso per schierarsi col 55° in prima linea nel settore di Oppacchiasella e il 56° in seconda linea; il comando della brigata è a Vizintini. La vita in queste trincee, anche quando non vi è una battaglia, è fatta di fatiche e di pericoli; quando poi scocca l’ora della 7a Battaglia dell’Isonzo, la brigata è pronta a balzar fuori dalle sue tormentate trincee e piombare in quelle del nemico.
L’obbiettivo ad essa assegnato è un tratto di fronte nemica fra Oppacchiasella e Nova Vas.
Nel pomeriggio del 14 settembre, dopo un prolungato e violento tiro delle nostre artiglierie e bombarde, quattro battaglioni della "Marche" (I-II-III/56° e I/55°) si lanciano all’assalto.
I reticolati sono ancora efficienti; non per questo e nonostante la micidiale reazione del fuoco nemico, le brave truppe si arrestano. Le colonne d’attacco cercano di aprirsi la strada col lavoro eroico e durissimo delle forbici e perfino cercando un varco sulla fronte delle brigate vicine (p. es. della "Ferrara" schierata a sinistra) con audaci e perigliosi sfilamenti di fianco. Trovata qualche piccola breccia alcune colonne possono balzare sulle prime trincee nemiche, occuparle e catturarvi circa 200 prigionieri.
Ma i varchi sono pochi e angusti, il nemico li scopre, li sorveglia, interdice col fuoco l’accorrere dei rincalzi, mentre preme d’ogni lato con furiosi contrassalti e con fuoco massacrante i valorosi che son riusciti a passare e che alla fine sono costretti a ripiegare. Il 15, il 16 e il 17 si rinnovano collo stesso aspetto e collo stesso slancio gli attacchi della brigata Marche, ma i risultati non mutano; qualche elemento di trincea è strappato al nemico, ma questo in complesso resiste nelle sue posizioni fortissime. Le perdite sono di più che 1500 uomini fuori combattimento e la brigata, il 19 settembre, lascia la prima linea, per recarsi a riposo nella zona di Ajello - Crauglio dove rimane fino al 14 ottobre."