Posta - Museo di Noè

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Il Piccolo Museo di Noè racconta la guerra con gli oggetti della sua raccolta.

Lettere, pacchi e cartoline - LA POSTA MILITARE
La posta, come ebbe a definirla Piero Calamandrei, allora giovane ufficiale volontario nel Regio Esercito, costituì un dono straordinario per i soldati al fronte:
"Perché, in quel fascio di lettere che giunge ogni giorno fino alle trincee più avanzate, la patria appare ai soldati non più come una idealità impersonale ed astratta, ma come una lontana moltitudine di anime care e di volti noti, in mezzo ai quali ciascuno riconosce un bene che è solamente suo, uno sguardo che soltanto per lui riluce, una voce che per lui solo canta."

Fanti del 2° Reggimento della Brigata Re
Podgora - Gennaio 1916

Fante francese in una trincea sul Fronte Occidentale - Autunno 1917


Un fuciliere inglese s'improvvisa postino per il suo reparto
Haveluy - Nord della Francia - Settembre 1916
Scrivere a casa e riceverne notizie era una necessità che divenne, con il passare delle settimane e dei mesi di guerra, una vera priorità per i soldati di tutti gli eserciti.
L'angoscia della vita in trincea veniva elaborata psicologicamente e, in qualche modo, esorcizzata scrivendo o, chiedendo a qualche commilitone, di scrivere per lui.
Giovani strappati dal normale contesto quotidiano e gettati nelle fauci della guerra cercavano di reggerne la violenza appoggiandosi, aggrappandosi, al loro tesoro di relazioni fatto di familiari, di amici, di commilitoni sparsi su altri fronti.
Fu il bisogno di condividere la propria situazione, ad affrontare la quale erano quasi tutti drammaticamente impreparati, che spinse i soldati a creare l'enorme fiume di lettere e cartoline dai contenuti e dai toni più vari e, molte volte, con pochissimi dettagli. La censura, infatti, vigilava sulle informazioni contenute nelle missive in modo che, in caso di intercettazione della posta, non potessero rivelarsi vantaggiose per il nemico.
Oltre a questa limitazione, poi, c'è da considerare che, al fronte, il tempo si riempiva con l'attesa del segnale di attacco o con la continua sorveglianza dei movimenti del nemico. Ben poco altro c'era da raccontare e, come già detto, quel poco era ulteriormente ridotto dalle regole della censura.
Del tempo trascorso a casa, pur nell'attesa del ritorno dei propri cari, i familiari potevano raccontare molto di più. L'andamento dei lavori agricoli, il rimando di notizie giunte dal fronte di conoscenti, amici, compaesani, i lieti eventi e quelli dolorosi. Una cronaca molte volte sgrammaticata ma sempre attesa da chi, alla guerra, traeva da quelle righe il senso di appartenenza alla propria vita così repentinamente traslata in un contesto drammatico e, sicuramente per molti, incomprensibile.
In quei lunghi mesi di guerra un'Italia contadina e poco acculturata imparò a leggere e a scrivere riducendo il tasso di analfabetismo da quasi il 50 per cento del 1910 a poco più del 25 per cento del 1918.
Ma questa evoluzione e trasformazione culturale, causata dalla necessità di mantenersi legati ai propri affetti, produsse quell'incredibile volume di corrispondenza la cui gestione fu resa possibile da un'organizzazione dei servizi postali, rimodulata nel corso del quinquennio precedente l'inizio della guerra.
Nel 1910, infatti lo Stato Maggiore Italiano, su proposta del generale Cadorna, diede inizio allo studio di un servizio postale strutturato appositamente per l'esercito.
Nel 1913, il Regio Decreto n. 1513, ne sancì la sua costituzione denominandolo Servizio Postale Militare.
Un altro Regio Decreto, il n. 655 del 1915, che fu emanato poche settimane dopo l'ingresso in guerra dell'Italia, affinò e ridisegnando alcuni aspetti organizzativi che furono adattati alle esigenze belliche.
La struttura principale era costituita dagli Uffici di Concentramento che avevano lo scopo di dividere la corrispondenza e svolgere funzioni di controllo e censura.
Furono attivati vari uffici così dislocati e con specifiche funzioni:
Treviso - per la gestione delle lettere provenienti dai soldati nei fronti italiani e dirette a casa;
Bologna - per la gestione delle lettere dirette ai fronti in Italia;
Napoli e Bari - per la gestione delle lettere da e per i Balcani;
Taranto - per la sola gestione dei pacchi da e per i Balcani;
Genova e Milano - per la gestione di lettere e pacchi da e per i soldati delle nazioni alleate operanti in Italia.
Dopo gli eventi di Caporetto l'ufficio di Treviso fu chiuso e tutta la corrispondenza venne gestita dall'ufficio di Bologna.
Cervignano 1915-1916 Posta Militare presso il Comando III Armata



Posta militare dell' XI Divisione - Servizio volante a Mossa - 1916



Ufficio mobile del Servizio postale militare



Addetti del Servizio postale militare - Tolmezzo 1916
L'interno di un ufficio postale militare



Sosta nei pressi di Monfalcone - 1916



Distribuzione della posta della IV Armata
Strada da San Canziano verso il fronte - Aprile 1916




Arrivo della posta alla sede della X Armata

La struttura del Servizio Postale Militare era, in ordine gerarchico, così organizzata:
Direzione Superiore per la Posta Militare, organismo che faceva parte dell'Intendenza Generale dell'Esercito;
Ufficio Centrale, con sede a Roma e dipendente dal Comando Supremo;
Uffici di Concentramento nelle sedi già citate;
Uffici di Direzione d'Armata;
Uffici di Corpo d'Armata;
Uffici di Divisione;
Uffici postali locali e di trincea.
Addetti del Servizio postale militare - Reparti divisionali e locali
Una lettera per un soldato italiano al fronte giungeva, con il servizio postale civile, all'Ufficio di Concentramento di Bologna dove venivano smistate, ogni giorno, circa 800 mila lettere. Un lavoro svolto da quasi 400 persone tra impiegati, commesse e soldati.
La posta, quasi 20 mila sacchi al giorno, veniva caricata sui vagoni postali dei convogli che quotidianamente raggiungevano il fronte dove si provvedeva al trasbordo sugli autocarri diretti agli uffici postali di Corpo d'Armata.
Qui i camion venivano scaricati e caricati con le lettere provenienti dal fronte e dirette verso l'interno. Tutte, circa un milione e mezzo, affluivano all'Ufficio di Concentramento di Treviso che provvedeva allo smistamento e all'inoltro definitivo appoggiandosi al servizio civile.
Le lettere per i soldati, intanto, proseguivano verso i destinatari al fronte grazie ai portalettere militari, uno per ogni reggimento e reparto.
Un sistema capillare che raggiunse livelli di efficienza rimasti ineguagliati:
una lettera partita al mattino da Bologna quasi sempre giungeva nelle mani del destinatario, al fronte, la sera stessa.
Per agevolare anche economicamente la necessità dei soldati di comunicare ai familiari, furono stampate enormi quantità di cartoline uniformate e date in franchigia a tutti i militari. I soldati al fronte ne ricevettero inizialmente tre alla settimana, poi anche una al giorno, dando vita al fiume di corrispondenze che sarebbe durato fino alla fine del conflitto.

 
Due dei modelli più diffusi di cartolina in franchigia distribuiti ai soldati italiani durante il conflitto
In tre anni e mezzo di guerra furono scambiate circa 4 miliardi di lettere e cartoline, di cui più della metà provenienti dal fronte.

Crediti:
Sandro Orlando "Poste, un esercito nell' Esercito" - ed. "Oggi" del 1 giugno 2015
Antonio Gibelli "La Guerra grande. Storie di gente comune" - Ed. Laterza


I doni della befana nelle trincee del 1917
Già verso l'autunno del 1916 alcuni ambienti della caserma Tommaso Salsa, edificata nel 1915 a Treviso e intitolata alla figura del pluridecorato generale trevigiano, erano stati messi a disposizione per l'ospedale militare di riserva.
Il primo gennaio 1917 fu avviata, presso la cittadinanza, una raccolta fondi per adibire a sala di ritrovo per i soldati in convalescenza uno degli spazi della caserma.
In quell'occasione molte persone caritatevoli offrirono, oltre a somme in denaro, anche vari doni da offrire agli stessi soldati.
Nacque così l'idea di inviare quei doni ai fanti nelle trincee e, soprattutto, a quanti, tanti, non ricevevano nulla da casa per le difficili situazioni economiche.

Furono confezionati piccoli pacchi fatti con pezzi di tela ricuciti e inviati, per la festa dell'Epifania, ai fanti trevigiani al fronte.  
Ogni pacchetto conteneva:
un pezzo di sapone, uno specchietto, una matita con alcuni fogli di carta da lettere, tre sigarette o mezzo toscano (il cosiddetto "ammozzato"), sei mentine, cinque caramelle, quattro cioccolatini, due noci, quattro mandorle e cinque fichi secchi.



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IL PICCOLO MUSEO DI NOÈ
a cura della redazione de
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