Case Svuotate

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QUINTO DI TREVISO

LE CASE SVUOTATE

Leggendo, studiando, compilando le schede dei nostri soldati abbiamo avuto la conferma di quanto, la Prima guerra mondiale abbia coinvolto tutta la popolazione italiana. I soldati, in modo diretto, ma pure i familiari dilaniati nell'attesa del ritorno dei propri cari dal fronte.
Ci furono famiglie che più di altre vennero chiamate a vivere quotidianamente questa ansia atroce.
Famiglie dalle quali partirono, due, tre, quattro e anche cinque ragazzi. Tutti appartenenti allo stesso nucleo familiare che, come le case dove vivevano, fu svuotato dalla loro presenza.

"Le case svuotate" è appunto il titolo di questa pagina che vuole ricordare ulteriormente i nostri soldati e le loro famiglie.
Scrivendo dei nostri soldati reduci si sono risvegliati ricordi, a volte, sfumati, a volte chiari e nitidi, di quegli uomini che abbiamo avuto la fortuna di conoscere nella nostra infanzia.

Li ricordiamo nei loro gesti e nelle loro attività da civili, un fruttivendolo, un negoziante, un  vicino di casa, un vecchio contadino burbero, i nonni dei compagni di scuola e degli amici. I nostri nonni, ovviamente, e le nonne.
Poco ci fu raccontato, da loro, di quei giorni terribili. Forse per tenerci lontani dall'idea stessa della guerra o, forse, perché volevano soprattutto dimenticare.

Durante l’attesa del ritorno dei loro cari dal fronte, i familiari dei soldati vivevano in uno stato di costante ansia e preoccupazione. Le attività quotidiane erano spesso accompagnate da un senso di incertezza e speranza.

Le famiglie dovevano continuare a lavorare duramente per mantenere la casa e i campi. Le donne, in particolare, assumevano ruoli che tradizionalmente erano svolti dagli uomini, come lavorare nei campi o nelle fabbriche.

Scrivere lettere ai soldati al fronte era un’attività comune. Le lettere erano un modo per mantenere il contatto e offrire supporto morale, anche se spesso le risposte tardavano ad arrivare.
La fede religiosa giocava un ruolo importante. Molte famiglie si affidavano alla preghiera e partecipavano a messe e cerimonie religiose per chiedere la protezione dei loro cari.

Le comunità si univano per offrire supporto reciproco. Le famiglie si aiutavano a vicenda con il lavoro e condividevano risorse e notizie.

Le donne spesso si dedicavano al cucito e ad altre attività artigianali, sia per necessità economiche che come modo per distrarsi e sentirsi utili.

Nonostante le difficoltà, l’educazione dei bambini rimaneva una priorità. Le madri e i nonni si occupavano di insegnare e mantenere una parvenza di normalità per i più piccoli.

Queste attività non solo erano indispensabili per il sostentamento sia fisico che psicologico, ma erano anche essenziali per mantenere la coesione familiare e la speranza in un periodo così difficile.
Le famiglie
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