Giovane Italia

Agenti segreti italiani nei territori occupati
LA GIOVANE ITALIA
MAGGIO - NOVEMBRE 1918
LA GIOVANE ITALIA - AGENTI SEGRETI ITALIANI NEI TERRITORI OCCUPATI
LA GIOVANE ITALIA
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LA STORIA
Immediatamente dopo gli eventi drammatici dell'ottobre del 1917, che portarono al confuso e repentino arretramento della linea del fronte, il Comando Supremo Italiano prese la decisione di ricorrere ad azioni di spionaggio condotte da agenti inviati, segretamente, dietro le linee nemiche.
Lo scenario principale era costituito dalla pianura veneto-friulana, occupata dal nemico, dalla quale, con ogni probabilità, avrebbe avuto inizio l'offensiva finale.
Era cruciale e indispensabile, per il nostro comando, possedere notizie e informazioni sui movimenti delle truppe austro-ungariche in modo da scongiurare il ripetersi di quelle condizioni che, innescate dall'impreparazione dei comandanti italiani, deflagrarono nella caotica ritirata di Caporetto.
Nonostante il lento ma progressivo raggiungimento del controllo dello spazio aereo, grazie all'eroico impegno degli aviatori italiani coadiuvati dai colleghi inglesi e francesi, permettesse sempre maggiori e più accurate missioni di ricognizione, i risultati ottenuti continuavano ad essere inferiori alle aspettative e, soprattutto, alle necessità del Comando Supremo.
Si rendeva necessaria quindi, la formulazione dei metodi e dei sistemi utili all'ottenimento di informazioni certe e tempestive.

Fu il Colonnello Ercole Smaniotto, Capo Ufficio Informazioni Truppe Operanti della III Armata, il primo ufficiale che valutò la possibilità di inviare, nei territori occupati dal nemico, degli informatori che, in segreto e sotto false generalità, avrebbero acquisito ogni possibile informazione sui movimenti nemici per farle giungere, poi, ai nostri comandi militari.
Questa fu l’idea iniziale attorno alla quale il progetto andò progressivamente a concretizzarsi.
Smaniotto incaricò Guido Manacorda di studiare i metodi di invio dei nostri agenti, delle comunicazioni e del recupero degli uomini a fine missione. Manacorda, che accettò immediatamente il difficile incarico, fu anche promotore e co-fondatore della Giovane Italia che fu l'organizzazione che riunì gran parte dei temerari agenti infiltrati.

La prima missione, relativa a questa nuova organizzazione di "Intelligence", ebbe inizio il 30 maggio del 1918 e fu assegnata al tenente De Carlo e al bersagliere Bottecchia.
L'ultima, proprio nel pieno della Battaglia di Vittorio Veneto, vide la luce il 27 ottobre.
L'intera organizzazione fu impegnata in circa venti missioni. Alcuni agenti parteciparono anche a due o, addirittura, tre missioni. Ci furono degli abbandoni di missione legati a problemi di malattia e cinque agenti furono catturati ma, per successiva fuga o ritardo nelle esecuzioni capitali, nessuno di loro fu giustiziato e tutti poterono far ritorno alle loro famiglie.
Gli agenti, soprattutto quelli impegnati nelle prime missioni, ebbero il compito di raccogliere informazioni sui movimenti nemici, sull'entità e sulla qualità degli armamenti e sulla loro dislocazione.
Quelli inviati nelle fasi finali del conflitto, verso la fine di ottobre, ricevettero, oltre ai classici ordini di recupero di informazioni, anche quelli di eseguire azioni di guerriglia, sabotaggio e infine, in tutte quelle località che costituivano punti nevralgici per le attività e il funzionamento della macchina bellica austro-ungarica, di fomentare la sollevazione popolare contro l'odiato e tirannico nemico.
Ovviamente non tutto andò come previsto e non fu possibile realizzare tutto ciò che era stato predisposto dal progetto iniziale che vide la luce in un periodo, durante il quale, si prevedeva l'avvio dell'offensiva finale italiana solamente per la primavera dell'anno successivo. Alcune azioni e attività, quindi, furono superate dagli eventi del novembre del 1918.

Ma andiamo con ordine.
Tre, erano i punti focali sui quali sviluppare la rete di intelligence:


Lo studio meticoloso, lo sviluppo, l'attenta pianificazione e, infine, la realizzazione di questa organizzazione fruttò gli importantissimi risultati che contribuirono indiscutibilmente all'esito vittorioso delle due battaglie del Piave e, in definitiva, dell'intero conflitto contro l'Austria.
E tutto questo grazie ad un manipolo di uomini e al loro coraggio.
Scrisse l'onorevole Luigi Gasparotto nel suo "Diario di un fante":
".. il colonnello Smaniotto ed il tenente Manacorda ... stanno organizzando un piano audace: lanciare al di là del Piave in aeroplano giovani ufficiali, vestiti da contadini, che sorveglino il nemico e preparino le popolazioni all'azione ... assumerà un nome che è una bandiera: "Giovane Italia''. Coloro che si offrono arrischiano la forca. Ma la storia di un popolo ha bisogno anche di questo. Non v'è grandezza senza dolore ...".

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